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Idrocuzione, il "killer" di chi fa il bagno in laghi e fiumi

Può causare la morte per arresto cardiorespiratorio o annegamento

Nelle ultime settimane sono stati diversi i casi di persone che sono annegate o che hanno rischiato di farlo per essersi tuffate in laghi, fiumi o anche in piscina.

Non sempre è colpa della corrente, o delle “trappole” dell'acqua. Anzi, spesso la colpa è involontaria, dovuta alla reazione del corpo umano quando è troppo accaldato e l'acqua è troppo fredda. Il meccanismo, che appunto può essere anche mortale, si chiama “idrocuzione”.

Si tratta di una sincope da immersione rapida, specialmente in acqua fredda, caratterizzata da riflessi neurovegetativi che possono causare anche morte per arresto cardiorespiratorio o annegamento. Il meccanismo comincia con una vasocostrizione, che a sua volta provoca riflessi a livello di tronco dell'encefalo.

In quegli attimi brevissimi vengono interessati sia i centri di regolazione cardiaca che quelli respiratori (arresto cardiorepiratorio). Se invece non sono coinvolti i centri bulbari in modo letale, l'arresto di circolazione e di ossigenazione provoca comunque una sincope con perdita di coscienza, con conseguente annegamento qualora il soggetto non possa essere subito soccorso.

Oltre all’avvertenza di fare il bagno al termine della digestione, il consiglio è quello — in qualsiasi momento della giornata — di entrare in acqua un poco alla volta per evitare improvvisi sbalzi termici. Magari bagnandosi la parte alta del corpo dopo aver immerso solamente le gambe. La prudenza, pensando ai morti dello scorso anno, non è mai troppa.

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