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Cronaca Castelletto Sopra Ticino

Turni fino a 20 ore per gli autisti: nei guai i vertici della Maifredi Trasporti

La stradale ha arrestato Giliola Plebani, Maurizio Maifredi e Massimo Ghidoni; denunciate altre dieci persone. Le accuse sono quelle di associazione a delinquere, estorsione e falso

Sono accusati di associazione a delinquere finalizzata ai reati di rimozione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro, estorsione e falso i responsabili della Manfredi Autotrasporti Srl, la ditta di Castelletto Ticino finita al centro dell'operazione "Juke Boxe" della polizia stradale che ha portato all'arresto di tre persone, finite ai domiciliari, e alla denuncia di altri 10 soggetti.

All'interno della ditta di autotrasporti, infatti, sarebbe stato messo in atto un vero e proprio sistema criminale con cui gli autisti venivano vessati e minacciati per indurli ad accettare condizioni di lavoro illegali e massacranti. Secondo quanto ricostruito dalla Stradale, per il timore di subire pregiudizi, ritorsioni contrattuali o altre vessazioni, gli autisti arrivavano ad accettare turni di lavoro anche di 19-20 ore di guida consecutive, subendo danni alla salute (poichè non godevano del giusto riposo) e mettendo a rischio la propria vita e quella degli altri. In un caso, raccontano gli agenti, un'autista è infatti morto in un incidente stradale autonomo avvenuto qualche mese fa in provincia di Alessandria. E gli incidenti sono stati diversi.

Tutto questo sarebbe servito alla Maifredi per trarre un ingiusto profitto, grazie al risparmio economico derivante dal ripetuto impiego di un solo autista invece di due o più, nonchè ai maggiori introiti garantiti dai tempi più brevi di consegna che garantiva alla ditta una maggiore competitività, seppur sleale, sul mercato. Non solo, la società avrebbe risparmiato anche sulle buste paga: le ore lavorative eccedenti venivano infatte retribuite agli autisti sotto voci differenti da quelle stipendiali, come diarie o gratifiche natalizie.

A finire in manette sono stati Giliola Plebani, titolare della ditta e per la polizia mente di tutta l'organizzazione, Maurizio Maifredi, figlio della Plebani e "addetto" alla pulitura dei dischi o alla gestione dei cronotachigrafi per eliminare ogni traccia delle violazioni di legge, Massimo Ghidoni, braccio destro della Plebani e del figlio Maurizio a cui era stata affidata la gestione degli autisti.

Le indagini della polizia stradale sono cominciate nel 2014, dopo alcuni esposti anonimi pervenuti al distaccamento di Arona, che si sono poi tramutati in denunce e in cui veniva segnalato un modus operandi contrario alla legge di alcune società cooperative riconducibili alla Maifredi Autotrasporti in relazione alla sistematica violazione della normativa sociale dei trasporti. Sono poi stati sentiti ex soci e dipendenti e nell'ottobre dello scorso anno la polizia ha eseguito un'importante perquisizione all'interno della ditta, dove sono stati sequestrati oltre 19mila file e documenti che hanno permesso di ricostruire il modus operandi messo in atto dai titolari dell'azienda.

In particolare, gli autisti (oltre 100), formalmente inquadrati come soci di cooperative terze ma di fatto veri e propri dipendenti della Maifredi Autotrasporti, sarebbero stati costretti, con la minaccia di perdere il lavoro o di subire altre ritorsioni contrattuali, a guidare un numero di ore esorbitante, fino a 20 ore consecutive al giorno (invece delle 9 previste, seguite da un riposo di 11 ore consecutive), e ad accettare trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettivamente rese.

La normativa sarebbe quindi stata aggirata attraverso accorgimenti e stratagemmi per eludere i controlli. Tra questi, il sistema del doppio o triplo disco, che consisteva nella compilazione di più fogli di registrazione del cronotachigrafo nell'arco della giornata lavorativa alla guida di uno stesso veicolo, come se a bordo vi siano due autisti, togliendo dopo le prime 9 ore il primo disco e continuando con il secondo, nel quale le prime 9 ore risultavano di riposo. In alcuni casi, per eludere i controlli, gli autisti erano addirittura costretti a riferire di aver dimenticato il disco in ufficio, accettando anche la relativa sanzione.

Lo scopo di questo macchinoso sistema era quello di far apparire adempiuto il rispetto delle normative vigenti in materia di tempi di guida e di riposo.

Secondo quanto ricostruito dalla polizia stradale, la Plebani sarebbe stata l'ideatrice di tale progetto imprenditoriale costruito sullo sfruttamento dei lavoratori, che la chiamavano la "marecialla" e la "tigre della Malesia". Capo indiscusso di tutta l'organizzazione, avrebbe impartito tutti gli ordini esigendo il rispetto dei dipendenti, arrivando ad intimidire in prima persona coloro che non si attenevano alle illecite disposizioni circa l'orario di lavoro.

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