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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Cureggio

Traffico di rifiuti e discariche abusive, arresti anche nel novarese dopo l'incendio di Milano

In tre in carcere. A Milano gestivano la discarica, andata a fuoco, di via Chiasserini

Ci sono anche tre novaresi tra le persone finite in carcere nell'ambito dell'inchiesta sul vasto incendio scoppiato nella notte del 14 ottobre scorso a Milano, in via Chiasserini, all'interno di un capannone contenente diversi metri cubi di rifiuti. Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Milano e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano hanno consentito di disarticolare un sodalizio criminale dedito allo stoccaggio e al traffico illecito di rifiuti in diverse regioni.

Nella giornata di ieri, mercoledì 27 febbraio, la polizia milanese ha infatti eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone - di cui 8 in carcere, 4 ai domiciliari e 3 con l'obbligo di firma - ritenute responsabili a vario titolo di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, attività di gestione dei rifiuti non autorizzata, intestazione fittizia di beni e calunnia.

Gli arresti

Gli arrestati, stando a quanto accertato dalle indagini dei carabinieri del Noe e della polizia, sono tutti imprenditori e autotrasportatori in qualche modo legati alla discarica abusiva di via Chiasserini.

In carcere sono finiti Aldo Bosina, residente a Cureggio e titolare di Ipb Italia Srl, la società che aveva in gestione il capannone della Bovisasca e che aveva trasformato quello stesso sito in una discarica abusiva, Mauro Zonca, residente a Borgo Ticino ma domiciliato di fatto ad Arona, amministratore di diritto dell'azienda, Giancarlo Galletti, residente a Stresa ma domiciliato di fatto a Cureggio, direttore dello stabilimento.

E ancora: Pietro Ventrone - un casertano titolare della Wastesolution, una sorta di azienda "broker" del mondo dei rifiuti -, l'autista Valentino Bosini e Massimo Sanfilippo e Colombo Joskwa, altri due imprenditori amministratori di società del settore. Sono state invece messe ai domiciliari altre quattro persone, tra cui il fratello di Ventrone, che risulta titolare di una società di trasporti utilizzata proprio per "muovere" gli enormi carichi di rifiuti.

L'incendio in via Chiasserini e le indagini nel novarese

Le indagini della polizia e del Noe erano partite proprio la notte del 14 ottobre, quando la discarica di via Chiasserini era andata a fuoco. Per domare le fiamme - ha raccontato la pm Alessandra Dolci, capo della Dda - era stato necessario l'intervento di 172 equipaggi dei pompieri, che avevano lavorato quasi per quindici giorni, anche per scongiurare il rischio diossina. 

Da quel rogo, senza ombra di dubbio doloso, gli investigatori hanno iniziato il loro lavoro e sono arrivati alla Ipb Italia Srl, che aveva preso il capannone in gestione dalla Ipb, assolutamente estranea a ogni vicenda.

Il "modus operandi" degli arrestati

Nelle fiamme quella notte erano andate in fumo 13mila tonnellate di rifiuti illegali, che lì in realtà non dovevano esserci. Quell'immondizia, che era nascosta da tre container sistemati in verticale, avrebbe creato una montagna di rifiuti alta cinque metri se distribuita su un intero campo di calcio. 

Il "modus operandi" degli arrestati era semplicissimo. La Ipb Italia Srl si rivolgeva a delle aziende che trattano rifiuti e stipulava contratti per il loro trattamento, con un pagamento che di solito si aggira attorno ai 150 euro per ogni tonnellata "ricevuta". Quella stessa immondizia, poi, veniva stipata in capannoni abusivi - oltre quello di Milano l'aziende ne aveva altri tre, sequestrati, a Fossalta di Pieve, Verona e Meleti - e lì lasciata "marcire". In questo modo - ha spiegato la pm Donata Costa - i titolari della società evitavano di pagare il prezzo per il conferimento a un termovalorizzatore o a un'altra azienda, garantendosi così un guadagnato netto ed "esorbitante".

Nei quattro mesi e mezzo di indagini, hanno accertato gli uomini della Mobile, nelle casse della Ipb Italia Srl sono entrati 1 milione e 86mila euro, tutti guadagnati illegalmente con 37mila tonnellate di rifiuti arrivati quasi interamente dal Sud Italia. 

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