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Cronaca

Protesi al seno: "In Italia ed Europa controlli ancora superficiali"

Da Dormellettto le dichiarazioni di Mariarosa Romeo, noto chirurgo plastico ed estetico. Sulla questione interviene anche la Presidente dell’Unc del Piemonte

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di NovaraToday

In relazione alla class action internazionale partita dalla Francia in merito allo scandalo delle protesi Pip, occorre sapere che "La Poly Implant Prothese", meglio nota come Pip, Società fondata nel 1991, ha prodotto e venduto protesi mammarie riempite con silicone scadente di tipo industriale (piuttosto che il silicone di tipo medico richiesto, il Nusil®) nella maggior parte dei Paesi Europei e in tutto il mondo, fino all'inizio del 2010 quando esse sono state ritirate dal mercato su ordine delle autorità sanitarie francesi, per via dell’elevata percentuale di casi di rottura decisamente anormali", spiega la Dottoressa Mariarosa Romeo, noto chirurgo plastico ed estetico del "Crono Med" il rinomato Centro Medico Specialistico di Dormelletto, in provincia di Novara, tra i migliori e più richiesti professionisti italiani del settore.

"Indagini successive accertarono che Pip stava tagliando i costi del 90%, scegliendo per la produzione delle protesi il silicone di tipo industriale", prosegue il medico. "Su 500mila impianti Pip nel mondo, in tutto si sono verificati 28 casi di tumore alla mammella che statisticamente parlando vuol dire che l’incidenza è dello 0.01 per mille".

E aggiunge: "Consiglio alle donne che hanno avuto un intervento al seno di tipo estetico o ricostruttivo di verificare la marca di protesi loro impiantata: in genere la paziente dovrebbe possedere un libretto con le caratteristiche di quest’ultima (il tipo di materiale, azienda produttrice e data dell’intervento) direttamente rilasciato dalla clinica o dall’ospedale, o comunque dal chirurgo che ha eseguito l’intervento. Anzi - specifica Mariarosa Romeo - dovrebbe essere proprio quest’ultimo a confrontarsi in primis con le pazienti per decidere insieme il da farsi".

Per poi concludere: "Il problema è che in Italia e in Europa le protesi al seno come pure sostanze riempitive, quali i fillers, che vengono iniettate nell’organismo sono sottoposte a controlli autorizzativi troppo superficiali. Contrariamente a quanto accade negli Stati Uniti, ove invece i dispositivi medici sono trattati alla stessa stregua dei farmaci".

E il Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, dal 1955 la prima e più antica associazione consumeristica italiana fondato e presieduto dall’Avvocato Patrizia Polliotto, appoggia la class action internazionale rivolta alle centinaia di migliaia di donne che, in Italia e in Europa, hanno subito interventi al seno con l’impianto di protesi mammarie di tipo "Pip", risultate altamente dannose quali causa di numerose patologie per l’organismo in quanto composte da silicone industriale scadente anziché da silicone medico, come accertato dalle autorità sanitarie francesi.

"Dopo la prima sentenza a opera del Tribunale Commerciale di Tolone - ha ricordato l’avvocato Polliotto - emessa contro l’Ente Certificatore di tali protesi, il 26 marzo si aprirà in Francia il processo di appello. L’Unione Nazionale Consumatori, già intervenuta sul fatto all’epoca dello scoppio dello scandalo, informa tutte le donne italiane che sino al 31 marzo 2015 è possibile costituirsi in giudizio. Sul sito www.piplitigation.info sono invece disponibili tutte le informazioni e i dati utili per poter correttamente aderire alla class action", conclude il noto legale.

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