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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Caso Gennari, il Sap: "Ecco perché è così difficile andare in prigione"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di NovaraToday

I recenti fatti che hanno portato alla morte di Andrea Gennari hanno scosso la comunità novarese e sono stati molti i commenti e gli sfoghi sui social network. 

Il Sindacato autonomo di polizia (Sap), senza entrare nel merito della vicenda che è di esclusiva pertinenza dell’autorità giudiziaria, non può fare a meno di notare come alcune persone abbiano pubblicamente sostenuto, a volte velatamente e altre in modo più deciso, che graverebbe sulle forze dell’ordine una sorta di responsabilità per non aver "fermato" per tempo il presunto autore dell’omicidio, giudicato "pericoloso". 

Il Sap, a tutela di tutti i poliziotti che in questi anni hanno lavorato per la sicurezza di questa città, intende evidenziare che non è certo nella polizia che vanno cercate eventuali "responsabilità". Per questo intende spiegare ai cittadini, che troppo spesso sono ignari di questi diabolici meccanismi, cosa succede veramente quando una persona viene arrestata e poi condanna per un reato.

Immaginiamo che un individuo commetta un reato grave, punito con la pena altisonante di anni 12 di reclusione. Per meglio adattare la pena al caso concreto, esistono attenuanti e aggravanti. Benché le aggravanti siano più "sceniche", la maggior parte delle volte vengono concesse anche numerose attenuanti. Quello che il cittadino non sa è che il giudice deve pesare l’importanza delle aggravanti e delle attenuanti,e se ritiene che queste ultime siano più significative, allora applicherà solamente queste, ignorando completamente l’esistenza delle aggravanti, anche se accertate ed esistenti. 

Inoltre, una volta stabilito che le attenuanti sono prevalenti, queste vengono applicate "a cascata". Ovvero: prima attenuante (ad esempio la "generica", ovvero un fatto qualsiasi interpretabile positivamente): la pena passa da 12 a 8 anni. Seconda attenuante (ad esempio aver risarcito il danno economico causato col reato, anche se la vittima non fosse d’accordo con la cifra): la pena passa da 8 anni a 5 anni e 4 mesi. E via così.

Come visto, con sole due attenuanti, assai facili da argomentare, la pena è più che dimezzata. Ma non solo. Se l’imputato sceglie il rito abbreviato, come premio gli viene scontato un ulteriore terzo della pena e arriverebbe a 3 anni e 6 mesi.

E dopo aver scontato metà della pena, il carcerato può fruire della semilibertà, ovvero di giorno è libero mentre la sera deve tornare in carcere, solo per dormire. Ma prima di arrivare in prigione, la maggior parte dei delinquenti può fruire di una serie sempre più numerosa di bonus, frutto di una politica legislativa che negli anni ha deliberatamente deciso di evitare il carcere anche in presenza di reati gravi e reiterati: archiviazione per tenuità del fatto, messa alla prova, affidamento ai servizi sociali, detenzione domiciliare, sospensione condizionale della pena, libertà controllata, semidetenzione. Tutti istituti diversi che, applicati uno dopo l’altro, permettono a chi vuole delinquere di continuare, praticamente impunito, per anni. 

Per non parlare della frustrazione che i poliziotti provano tutti i giorni di fronte a vere e proprie assurdità come quella che segue: un criminale viene arrestato, per un furto o una rapina, e dopo il giudizio di convalida viene posto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione, anziché in carcere, perché sembra fornire sufficienti garanzie che non scapperà. Invece il criminale esce di casa quando e come vuole, tecnicamente è un’evasione, e quindi viene nuovamente arrestato. A quel punto si potrebbe pensare che sia il momento del carcere; invece, dopo il giudizio di convalida, gli vengono di nuovo concessi gli arresti domiciliari. Una vera presa in giro a cui dobbiamo assistere ormai sempre più spesso. 

Nei momenti di rabbia e sconforto si cercano responsabilità ovunque, ma oggi, in Italia, nel 2015, le responsabilità per la mancata detenzione di un individuo che ha commesso reati possono essere cercate dappertutto, eccetto che nel lavoro delle forze di polizia.

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