Borgomanero: nuovo appuntamento con il cineforum
Martedì 10 dicembre nuovo appuntamento con il cineforum a Borgomanero. In sala arriva "BlacKkKlansman".
La scheda del film
Regia: Spike Lee
Soggetto: Ron Stallworth (libro)
Sceneggiatura: Spike Lee (adattamento), David Rabinowitz (adattamento), Charlie Wachtel (adattamento), Kevin Willmott (adattamento)
Musiche: Terence Blanchard
Montaggio: Barry Alexander Brown
Scenografia: Curt Beech
Arredamento: Cathy T. Marshall
Costumi: Marci Rodgers
Effetti: Randall Balsmeyer
Interpreti: Adam Driver (Flip Zimmerman), Topher Grace (David Duke), Laura Harrier (Patrice), Ryan Eggold (Walter Breachway), John David Washington (Ron Stallworth), Robert John Burke (Bridges), Paul Walter Hauser (Ivanhoe), Michael Buscemi (Jimmy), Corey Hawkins (Kwame Ture), Jasper Pääkkönen (Felix Kendrickson), Harry Belafonte (Jerome Turner), Ashlie Atkinson (Connie Kendrickson), Faron Salisbury (P.O. Sparks), Elise Hudson (libraia), Timal McKen ( Black Panther), Michael J. Burg (Myers), Christopher Fairbank, Jarrod LaBine (uomini del Klan)
Produzione: Jordan Peele, Jason Blum, Spike Lee, Raymond Mansfield, Sean Mckittrick, Shaun Redick per Monkeypaw Productions/QC Entertainment/Blumhouse Productions
Distribuzione: Universal Pictures International Italy
Durata: 128'
Origine: U.S.A., 2018
Data uscita: 27 settembre 2018
Grand Prix e menzione speciale della giuria ecumenica FIPRESCI al 71. Festival di Cannes (2018).
Questa è la la storia vera di Ron Stallworth, un detective di Colorado Springs che ebbe il coraggio di sfidare il Ku Klux Klan per impedire che il gruppo prendesse il controllo sulla città. L'agente infiltratosi nell'organizzazione, riuscì a scoprire molti segreti, pur essendo afroamericano.
Senza dubbio è questo lo Spike Lee migliore. Non quello a ruota libera dei progetti piccoli e liberi come “Bamboozled” o “Chi-raq”, non quello su commissione di “Miracolo a Sant’Anna” o il remake di “Old Boy”, né quello che parla di consapevolezza nera e appropriazione bianca di “Da Sweet Blood of Jesus”, ma quello che pensa un film con l’obiettivo di incassare e ha sufficiente margine per poter mettere in scena la violenza che vede come conseguenza inevitabile della convivenza razziale (che in lui coincide sempre con quella culturale). Bianchi e neri (ma altre volte anche italiani, cinesi ed ebrei) che non possono non entrare in conflitto, che si odiano e si temono al tempo stesso, che non si capiscono mai.
“BlacKkKlansman” è una specie di strano omaggio alla blaxploitation che sembra la versione di Spike Lee di un film di Tarantino (lui che l’ha spesso criticato ora è come se gli volesse mostrare come si fa quel tipo di omaggio), cioè un’opera retrodatata agli anni ‘70 che rimette in scena altro cinema e sembra vivere nel mondo dei film più che nel nostro. Un film, per concludere i paragoni tarantiniani, che affronta la storia per poter dare allo spettatore la vendetta e la soddisfazione violenta che offrono i film d’azione ma a scapito dei colpevoli della storia.
A partire dal libro in cui l’ex poliziotto Ron Stallworth racconta di come si infiltrò nel Ku Klux Klan negli anni ‘70, Spike Lee gira un film che oltre a Tarantino a tratti richiama i buddy cop bianco + nero di Shane Black (il bianco è il suo partner ebreo senza fierezza Adam Driver), in cui a Colorado Springs un afro americano vuole sgominare il locale partito suprematista bianco e per farlo imbastisce un’operazione sotto copertura tra movimenti studenteschi afroamericani, politici realmente esistiti e un’aria di guerra pronta ad esplodere. Un film con un inizio da urlo tra realtà finzione, ricostruzione, linguaggi, stili e un montaggio elettrico che coglie sempre di sorpresa (che per fortuna non mollerà il film fino alla fine) che se non appartenesse a Spike Lee ma ad un regista non noto, all’opera prima o seconda, ci sarebbe da gridare al genio. Invece con lui ci siamo abituati. Oltre a questo ci sarà in “BlacKkKlansman” un discorso lungo, completo e chiarissimo di un leader vicino alle Pantere Nere che impressiona per stile e messa in scena, per chiarezza e complessità, per come comunica la forza della parola. Ci sono scuole di pensiero, c’è la sensazione della polveriera e due poliziotti che in questo clima sembrano divertirsi a rischiare la morte come in un film degli anni ‘80 (unico anacronismo in questo moderno blaxploitation). Quella tra culture in America è una guerra e non si può non prendere parte, come in “Casablanca” anche qui la chiusura sarà all’insegna della nascita di una coscienza d’appartenenza pienamente formata e ragionevole e non solo nel protagonista (bello come Adam Driver, dopo qualche mese da infiltrato nel KKK, dica: «Non sono mai stato parte della comunità ebrea, non mi definisco nemmeno tale, non mi ha mai interessato ma a furia di sentire tutti questi discorsi...»). Sono gli anni ‘70 ma i richiami all’oggi sono così chiari da essere urlati (il senatore suprematista usa gli slogan di Trump da «America first» a «Make America great again», alla fine vediamo immagini vere di manifestazioni naziste in America nella Virginia), con una smaccata voglia di tracciare paralleli abbastanza superflua. Il film sarebbe riuscito a farlo anche senza. Perché, come detto, siamo nel territorio del miglior Spike Lee, quello della battaglia delle idee in un contesto da cinema commerciale, obbedendo alle regole del genere, giocando con la tensione e la commedia, tracciando dei personaggi convenzionali in mondi di cui solo lui, pur parteggiando smaccatamente, riesce a cogliere la complessità.
Gabriele Niola, BadTaste.it
E Spike Lee finalmente ha fatto ancora la cosa giusta, “BlacKkKlansman”, detective story tratta da un'incre-dibile storia vera. Ci si emoziona, ci si indigna anche ridendo con evidenti rimandi a oggi e il finale con gli incidenti razzisti in Virginia del 2017: America first, come dice l'innominato presidente. (…...) Si imparano molte cose, anche il prezzo del cappuccio con cui i razzisti nascondevano il volto: il film s'impenna con due donne ai semafori ideali opposti, senza mancare di adrenalina, stavolta utile. Una lezione anti razzista di cui c'è sempre bisogno. Siamo nei 70 (blaxploitation, Shaft...) con sguardo contemporaneo ed evidenti richiami cinefili: Rossella O'Hara in “Via col vento” che di razzismo se ne intendeva, mentre dal volto di Harry Belafonte che spiega come fu dura per i neri, viene il momento più commosso. Tra technicolor e bianco e nero, finzione e realtà, gag e spari, delirio e civiltà, illusioni e delusioni, Lee firma un bellissimo e straziato apologo paradossale sul peggio che sempre ritorna e sul cinema che tiene il piede in due scarpe.
Maurizio Porro, Corriere della Sera
SPIKE LEE
Filmografia:
Lola Darling (1986), Aule turbolente (1988), Fa' la cosa giusta (1989), Mo' Better Blues (1990), Jungle Fever (1991), Malcolm X (1992), Crooklyn (1994), Clockers (1995), Girl 6 - Sesso in linea (1996), Bus in viaggio (1996), He Got Game (1998), Summer of Sam (1999), Bamboozled (2000), La 25ª ora (2002), Ten minutes older - The trumpet (2002), She hate me (2004), Inside man (2006), When the levees broke (2006), Miracolo a Sant'Anna (2008), Bad25 (2012), Oldboy (2013), Chi-Raq (2015), BlacKkKlansman (2018)
Martedì 17 dicembre 2019:
GREEN BOOK di Peter Farrelly, con Viggo Mortensen, Mahershala Ali, Linda Cardellini, Sebastian Maniscalco, P.J. Byrne