Borgomanero: torna l'appuntamento con il cineforum
Martedì 22 ottobre torna a Borgomanero l'appuntamento con il cineforum. Al Cinema Nuova è in programma il film "Il Traditore".
La scheda del film
Regia: Marco Bellocchio
Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Valia Santella, Ludovica Rampoldi, Francesco Piccolo
Fotografia: Vladan Radovic
Musiche: Nicola Piovani
Montaggio: Francesca Calvelli
Scenografia: Andrea Castorina
Arredamento: Marco Martucci
Costumi: Daria Calvelli
Interpreti: Pierfrancesco Favino (Tommaso Buscetta), Luigi Lo Cascio (Totuccio Contorno), Fausto Russo Alesi (Giovanni Falcone), Maria Fernanda Cândido (Maria Cristina de Almeida Guimarães), Fabrizio Ferracane (Pippo Calò), Nicola Calì (Totò Riina), Giovanni Calcagno (Tano Badalamenti), Bruno Cariello (Alfonso Giordano), Bebo Storti (Franco Coppi), Vincenzo Pirrotta (Luciano Liggio), Goffredo Maria Bruno (Stefano Bontate), Gabriele Cicirello (Benedetto Buscetta), Paride Cicirello(Antonio Buscetta), Elia Schilton (giornalista TV), Alessio Praticò (Scarpuzzedda), Pier Giorgio Bellocchio (Cesare), Rosario Palazzolo (Giovanni De Gennaro), Antonio Orlando (Michele), Ada Nisticò (Alessandra Buscetta), Federica Butera (Silvana Buscetta), Giovanni Crozza Signoris (Tommaso Buscetta giovane), Alberto Gottuso (Giuseppe Inzerillo), Tatu La Vecchia (Fra Giacinto), Sergio Pierattini (giudice Alfonso Giordano), Raffaella Lebboroni (giudice donna), Giuseppe Di Marca (Giulio Andreotti)
Produzione: Beppe Caschetto, Simone Gattoni, Fabiano Gullane, Caio Gullane, Michael Weber, Viola Fügen, Alexandra Henochsberg per IBC Movie/Kavac, con RAI Cinema, in coproduzione con Ad Vitam Production/Match Factory Productions
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 135'
Origine: Italia, Francia, Brasile, Germania, 2019
Data uscita: 23 maggio 2019
Un film di vendette e tradimenti su Tommaso Buscetta, "boss dei due mondi". La storia inizia con il carismatico personaggio di Cosa Nostra braccato in Brasile dai "corleonesi" di Riina e passa attraverso l'amicizia con il giudice Giovanni Falcone e la testimonianza al maxiprocesso che mise in ginocchio l'organizzazione mafiosa per concludersi, dopo le accuse al processo Andreotti, con la sua scomparsa nel 2000 a Miami, dove Buscetta morì per malattia e non per mano della mafia.
Tommaso Buscetta affascina tutti. Si cura, ha i capelli sempre a posto, si fa fare gli abiti dal sarto, è vanitoso e non cerca il potere, cerca una vita soddisfacente. Piace alle donne e piace a Marco Bellocchio che non riesce a celare una strana forma di attrazione verso il pentito di mafia più importante della storia italiana. Non la cela in tutta la prima parte quando si concede imprevedibilmente al genere criminale con stupefacente istinto commerciale. Nessuno si sarebbe potuto aspettare da lui una scena come quella dei due elicotteri, incredibile per la durezza manifesta di Favino/Buscetta, non lontana da quella di Al Pacino/Tony Montana davanti alla motosega (e chi mai si aspettava di dover menzionare “Scarface” in una recensione ad un film di Bellocchio!). Questo che per tutta la prima metà è sicuramente il film con le maggiori concessioni al cinema commerciale girato da Marco Bellocchio, molto più concentrato sui fatti che sui personaggi, nella seconda parte si appassiona a processi e confronti, abbandona il cinema di mafia per abbracciare quello di antimafia. Insulti tra pentiti, battibecchi con il pubblico ministero e momenti tra il significativo e il carnale (la bocca cucita realmente affiancata a rimostranze da scuola media messe in piedi dai pentiti). È la pornografia del processo, una visione così ravvicinata da sottrarre qualsiasi possibile epica al suo racconto e anzi abbassarlo a battaglia dialettica da poco. Non sono i processi del cinema ma quelli della televisione, ne hanno anche la messa in scena più essenziale. Lunga, larga e verbosa la seconda parte scambia un po’ di istintività per un po’ di razionalità perdendo di mordente.
Non è la prima volta che Bellocchio divide i suoi film in due (recentemente era capitato in “Vincere”) e come già accaduto l’impressione è che siano proprio i tocchi da Bellocchio (deformare una parte di ciò che è raccontato mettendolo sotto una lente per capirlo meglio) a funzionare meno in un film che riesce comunque ad avere l’incredibile pregio di una visione chiara, cinematografica e precisa del proprio soggetto. Accettata, cavalcata e poi scartata qualsiasi opzione classica di racconto mafioso, “Il Traditore” per dire qualcosa di unico e serio su una figura grande e piccola al tempo stesso sceglie una strada unica.
E se si esclude una prima scena di grandissima inventiva, questa strada unica passa per Pierfrancesco Favino. Ogni snodo, ogni suggestione, ogni dettaglio di Buscetta e ogni elemento di messa in scena che lo riguarda avvengono addosso a lui, che di rimando offre una prestazione da attore-autore.
Nel suo Buscetta convivono sia la pesantezza tipica delle interpretazioni dei grandi capi mafia, la pesantezza del comandare che ha anche Javier Bardem quando fa Pablo Escobar o Robert De Niro quando fa Al Capone, sia un’altra qualità più sparviera e asciutta, quasi dandy, che è solo sua. Buscetta è al tempo stesso pesante e leggero, dentro e fuori la mafia, e questo contrasto lo crea Favino in ogni inquadratura con una costanza che è l’opposto dell’improvvisazione.
Tommaso Buscetta, il pentito che non si percepisce come gli altri, di fatto non lo è, non somiglia a nessuno degli altri mafiosi, non si muove come loro, non parla come loro e sembra venire da un altro tempo e un’altra epoca. E ancora una volta è addosso a Favino che si crea quest’alterità.
Quello che probabilmente è il più instancabile e audace degli attori italiani assieme a Bellocchio ha creato un’interpretazione che guida tutto un film. Capiamo caratteri, sogni, aspirazioni e idiosincrasie dalle incertezze o dalle violenze della voce di Favino, capiamo a cosa credere e a cosa forse è meglio non credere dal suo linguaggio del corpo. Capiamo addirittura che tipo di stima e soggezione esistesse verso Giovanni Falcone dal fatto che Favino è capace di tenere da parte una parlata particolare, una che non usa da nessun’altra parte se non negli interrogatori. Ripulita, stentata, troppo corretta e un po’ falsa non è solo una modifica di un accento, è proprio la voce stessa del desiderio di approvazione.
Gabriele Niola, BadTaste.it
MARCO BELLOCCHIO
Filmografia:
I pugni in tasca (1965), La Cina è vicina (1967), Amore e rabbia (1969), Sbatti il mostro in prima pagina (1972), Nel nome del padre (1972), Marcia trionfale (1976), Il gabbiano (1977), Salto nel vuoto (1980), Gli occhi, la bocca (1982), Enrico IV (1984), Diavolo in corpo (1986), La visione del sabba (1988), La condanna (1991), Il sogno della farfalla (1994), Il principe di Homburg (1997), La balia (1999), L'ora di religione (2001), Buongiorno, notte (2003), Il regista di matrimoni (2005), Sorelle (2006), Vincere (2009), Sorelle mai (2010), Bella addormentata (2012), Sangue del mio sangue (2015), Fai bei sogni (2016), Il traditore (2019)
Martedì 29 ottobre 2019:
GLORIA BELL di Sebastián Lelio, con Julianne Moore, John Turturro, Sean Astin, Michael Cera, Alanna Ubach