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Recuperare i ruderi lungo il Ticino per una spinta di tutta l'area

Le numerose strutture nel territorio piemontese del Ticino possono essere trasformate in strutture ricettive, anche in vista dell'EXPO. Il recupero dell'area passa anche tramite l'incremento di ciclovie e strutture idriche.

EXPO 2015 vuol dire anche mettere a sistema la maggior parte di risorse possibili su tutto il territorio nazionale, nord in primis. Tra le bellezze italiane ci sono sicuramente i fabbricati rurali storici dell’Ovest Ticino, molti dei quali versano in stato di totale abbandono.

Coldiretti ha pensato di censirli, portando alla luce una realtà, dall’importante potenziale di attrazione, che meriterebbe maggiore attenzione. Molte strutture potrebbero essere recuperate e trasformate in agriturismi o bed&breakfast, che caratterizzerebbero in maniera ricettiva strutture che testimoniato l’antica attività agricola dei luoghi, testimoniando la cultura dei territori.

Tra Novara e la provincia del Verbano-Cusio-Ossola secondo il direttore dalla Coldiretti interprovinciale Gian Carlo Romella si dovrebbero investire diversi milioni di euro. Precisamente afferma: ““Siamo certi che la veloce capacità della politica novarese e regionale di reperire  13,5 milioni per la conca di navigazione al Porto della Torre di Pombia potrà essere seguita da un altrettanto celere attenzione verso il recupero di realtà storiche come i fabbricati rurali che insistono nella medesima area del Parco del Ticino piemontese”

Riferendosi poi all’accordo tra Regione e Parco del Ticino stipulato a fine dicembre sempre Romella ha sottolineato l’importanza dell’intesa che permetterà di recuperare e ripristinare la via d’acqua che porta dal Lago Maggiore a Milano e che per diversi chilometri entra nel territorio piemontese. È proprio su quel tratto che si incontrano edifici rurali,  storicamente funzionali per l’idrovia stessa. L’importanza culturale dovrebbe essere ulteriore motivo per far sì che vengano recuperati e riportati in vita. Stessa sorte, quindi quella del ripristino, devono avere anche le piste ciclabili, comprese quelle della ciclovia del canale Cavour.

Non solo recupero ma anche sviluppo. L’associazione dei coltivatori diretti, precisa come la nuova “via d’acqua” debba venir incontro anche all’agricoltura moderna, creando infrastrutture che possano metter freno alle emergenze idriche che si sono ripetute più volte durante le ultime estati. Risorsa idrica importante non solo per i campi, ma per l’intera area, migliorando l’equilibrio del sistema idrico territoriale, sfruttando per quanto possibile, la dica di Porto della Torre.

Ancora Ramella sottolinea come “il rapporto tra l’idrografia e il territorio agricolo è chiuso nella storia stessa dell’agricoltura novarese che, dallo scavo dei primi canali irrigui dopo la conquista e la centuriazione romana, ha portato nel corso dell’ultimo millennio a realizzare quella fitta rete di canali e rogge che consente la coltura risicola su vasta scala: grandi opere irrigue che sono proseguite fino al Novecento e che, con la volontà di concertare e programmare insieme, possono continuare ancor oggi: non servono “cattedrali d’acqua nel deserto”, dunque, ma opere utili a tutto il territorio, all’ambiente e alle imprese agricole che su di esso sono insediate. E non dobbiamo dimenticarci dell’agricoltura del nostro passato e di una storia che raccontano, pur con le difficoltà del tempo, quegli edifici costruiti vicino alle vie d’acqua. Ed è anche per questo che vanno recuperati e riportati a nuova vita”.

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