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Verbano Cusio Ossola

Legambiente, nel Vco rischio frane più alto d'Italia

Il flash bob sul ghiacciaio Belvedere per sottolineare l'instabilità della montagna

La seconda tappa della Carovana delle Alpi è arrivata nel Vco, sul ghiaccio del Belvedere, dove Legambiente ha organizzato ieri, venerdì 25 agosto, un flash mob in quota per mettere in evidenza la sempre maggiore instabilità della montagna e l'evidente riduzione dei ghiacciai in una delle aree a rischio frane più elevato d’Italia. 

Secondo Legambinete, in Piemonte, la percentuale di popolazione esposta al rischio frane si colloca appena sotto la media nazionale (2,2%) mentre nel Verbano Cusio Ossola la quota sale addirittura al 15,5%, la più alta del Paese (fonte Ispra). 

A causa del riscaldamento globale, secondo i dati di Legambiente, i ghiacciai alpini si stanno riducendo a vista d’occhio. Entro il 2050 tutti i corpi glaciali al di sotto dei 3500 metri di quota scompariranno. Un fenomeno preoccupante che si sta verificando ovunque nel mondo. Il rapido ritirarsi delle fronti glaciali non comporta solo la perdita di paesaggi affascinanti e biodiversità ma equivale alla sparizione di importanti riserve di acqua dolce e di fondamentali servizi ecosistemici. Inoltre il permafrost (il terreno perennemente ghiacciato), degradandosi causa instabilità sui versanti con pesanti rischi per le infrastrutture di alta quota.

L’obiettivo di questo flash mob della Carovana dei Ghiaccai, spiega Legambiente, è richiedere ancora al Governo Meloni, l’approvazione in tempi brevi del Pnacc, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Dal ghiacciaio Belvedere i volontari, i giovani attivisti ed gli esponenti del mondo scientifico chiedono alle istituzioni locali e regionali lo sviluppo di adeguate strategie di adattamento per ridurre il rischio in alta quota, con un nuovo approccio nell’uso del suolo, evitando di costruire dove non è necessario o farlo, ma con i debiti approfondimenti, in modo da limitare il più possibile la vulnerabilità delle opere realizzate.  

“Le zone di montagna — dichiara Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente Cipra Italia — da sempre sono fragili e caratterizzate dall’instabilità geomorfologica (instabilità glaciale, frane, colate detritiche); ma oggi i rischi a cui sono soggette sono più frequenti e maggiori a causa della crisi climatica e del conseguente incremento degli eventi estremi sempre più frequenti. Al Governo chiediamo, oltre ad un serio impegno per la mitigazione dei cambiamenti climatici, di sviluppare adeguate strategie di adattamento su scala regionale e locale per ridurre il rischio in alta quota. Ciò è possibile adottando un nuovo approccio nell’uso del suolo, evitando di costruire dove non è necessario o farlo, ma con i debiti approfondimenti, in modo da limitare il più possibile la vulnerabilità delle opere realizzate. Infatti, il rischio nasce quando le attività antropiche vanno ad interferire con le dinamiche naturali del territorio. Dunque, l'espansione delle attività umana in regioni d’alta quota e la cementificazione a dir poco sfrenata che sempre più sta contaminando anche la montagna si traducono in un aumento del rischio, sia perché aumenta il “valore economico” esposto ai pericoli naturali, sia perché possono alterare le dinamiche dell’ambiente montano. Si pensi al recente caso della caserma dei carabinieri di Bardonecchia, colpita dalla piena del torrente poiché situata in prossimità di un’ansa del torrente Frejus modificata dall’uomo. Basta inseguire l’emergenza, questi eventi estremi possono rappresentare l’occasione per immaginare in modo nuovo e adatto ai tempi l’uso e l’occupazione del territorio". 

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