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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Scorie nucleari, 8 siti per il deposito in Piemonte: "Decisione inaccettabile"

Il presidente Alberto Cirio: "Non siamo stati consultati"

Sono stati decisi i siti per il deposito nazionale di scorie nucleari: 8 si trovano in Piemonte.

I siti individuati in regione si trovano in provincia di Torino, a Caluso-Mazzè-Rondissone e Carmagnola, e in provincia di Alessandria, a Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento, Fubine-Quargnento, Alessandria-Oviglio, Bosco Marengo-Frugarolo, Bosco Marengo-Novi Ligure, Castelnuovo Bormida-Sezzadio.

"Trovo assurdo che una scelta di questa portata sia stata assunta senza un minimo confronto con la Regione e i sindaci dei territori. È inaccettabile che da Roma piovano di notte sulla testa dei cittadini piemontesi decisioni così importanti e delicate che riguardano le nostre vite" ha detto il presidente della Regione Alberto Cirio. 

A cosa servono i depositi di scorie nucleari

L'Italia ha spento le ultime centrali nucleari nel 1990, ma non ha ancora deciso dove e come stoccare i rifiuti radioattivi in sicurezza. Il ritardo del Belpaese è certificato e sanzionato a livello Ue da diversi anni, ma è tornato d’attualità con la pubblicazione delle 67 aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito nazionale delle scorie. L’individuazione dei siti di stoccaggio è stato richiesto da Bruxelles e “tutti gli Stati membri dotati di programmi nucleari, eccetto uno”, ovvero l’Italia, “prevedono lo sviluppo di depositi di smaltimento geologico”. Ma tutto il mondo è paese, e anche nel resto d’Europa diversi Governi non hanno fatto altro che rinviare la decisione su dove stoccare i rifiuti pericolosi. “Solo Finlandia, Francia e Svezia hanno adottato misure concrete”, riconosce la Commissione europea nell’ultima relazione sul trattamento delle scorie. 

L’Italia “non avendo notificato alla Commissione europea il suo programma nazionale per l’attuazione della politica di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi”, “è venuta meno agli obblighi” stabiliti dalla direttiva in materia approvata nel 2011 e da attuare entro il 23 agosto 2013. Così hanno stabilito i giudici Ue. Il via libera alla pubblicazione della lista delle 67 aree potenzialmente idonee allo smaltimento doveva arrivare addirittura nel lontano 20 agosto 2015 ma la richiesta da parte dei ministeri competenti di alcuni accertamenti tecnici ha fatto però slittare più volte la data. Inoltre le cause del ritardo italiano sono legate “da un lato, alla previa consultazione pubblica” ancora da fare “e, dall’altro, alla modifica della compagine governativa che avrebbe ritardato il processo di adozione del programma nazionale”, hanno scritto i giudici Ue nell’estate del 2019 riferendosi al cambio di Governo successivo alle elezioni del 2018.

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