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Sabato, 20 Aprile 2024
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In Piemonte trovato il primo caso di peste suina africana

Il virus non è pericoloso per l'uomo, ma può contagiare altri suini

In Regione, a Ovada, è stato trovato il primo caso di peste suina africana in Piemonte, come già successo in Germania e nell’Est Europa.

"Sono in corso le riunioni con i servizi veterinari territorialmente competenti, le autorità di gestione forestale e con i settori ambientali e faunistico venatori. Nelle prossime ore verranno definite la “zona infetta” e la “zona di sorveglianza”, con le relative prescrizioni. Stiamo agendo con la massima tempestività, l’immediata e coordinata attuazione delle misure di controllo nei suidi selvatici risulta fondamentale nel tentativo di confinare ed eradicare il più possibile la malattia".

Così l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, dopo che il Centro di referenza nazionale per le pesti suine dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche ha confermato il sospetto di infezione da Peste Suina Africana riscontrato dall’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta in un cinghiale rinvenuto morto nel territorio di Ovada.

La Peste Suina Africana (PSA) è una malattia infettiva altamente contagiosa, non pericola per l'uomo, ma colpisce solo i suidi domestici e selvatici causando un’elevata mortalità. Il virus della PSA è molto stabile, resiste ad un ampio range di pH e temperature (per anni nella carne congelata) ed è resistente all’autolisi, per cui rimane infettante per diverse settimane anche nelle carcasse abbandonate sul territorio. Viene inattivato solo dalla cottura e da specifici disinfettanti.

Nella definizione dei confini della zona infetta, verranno tenute in considerazione la continuità di areale di distribuzione del cinghiale e la presenza di barriere naturali o artificiali che possano ridurre il contatto tra popolazione di cinghiale infetta e indenne.

Il commento di Coldiretti

“Siamo fortemente preoccupati – affermano il Presidente di Coldiretti Novara-Vco Sara Baudo e il Direttore Francesca Toscani -, gli interventi immediati ed urgenti, così come i controlli a tappeto sui cinghiali abbattuti, che da tempo chiediamo, devono ora sicuramente essere fatti e non bastano, di fronte ad uno spettro così grave e rischioso, solo i controlli eseguiti a campione, alla ricerca esclusivamente della Trichinella".

"Bisogna anche mettere mano definitivamente alla forma di tracciamento della filiera e della commercializzazione dei cinghiali abbattuti – continuano Baudo e Toscani - L’altra forte preoccupazione è per il danno d’immagine che questa situazione può creare diventando anche uno strumento di speculazione economica nei confronti del nostro territorio, rischiando di colpire ingiustamente i nostri allevatori che, invece, conducono i loro allevamenti con standard di bio sicurezza molto elevati. Chiediamo, pertanto, da subito di attuare tutte le misure necessarie per monitorare la situazione e contenerla il più possibile.  Inoltre, per difendere i nostri imprenditori, già fortemente colpiti dalla crisi legata alla pandemia, se dovessero generarsi strumentalizzazioni e speculazioni, non esiteremo a fare causa, a richiedere il risarcimento danni ed a costituirci parte civile nei confronti di chi non ha saputo gestire correttamente la problematica del proliferare dei cinghiali e di chi ha avuto la responsabilità di farla degenerare. Non possiamo, però, non riconoscere – concludono Baudo e Toscani – l’importanza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d'Aosta che, già da mesi, si è reso disponibile ad un tavolo di lavoro, nel quale riponiamo ampia fiducia, proprio sull’emergenza sanitaria causata dalla fauna selvatica”.

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