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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Chiesto il rinvio a giudizio per il titolare della Bigotti Snc per l’infortunio mortale sul lavoro di Antonio Pasquarelli

Per la Procura di Verbania, a causare il decesso del 54enne operaio di Caprezzo le solite, gravi lacune sulla sicurezza: udienza preliminare, il 10 di ottobre

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di NovaraToday

Un’operazione affrontata “senza cautela e ordine”, nonostante la presenza in cantiere per disporre e controllare i lavori del titolare dell’impresa. Che ora dovrà risponderne. La Procura di Verbania ha chiuso le indagini preliminari sull’ennesima, tragica ed evitabile morte bianca, quella di Antonio Pasquarelli, l’operaio edile di 54 anni, residente a Caprezzo, deceduto il 9 gennaio 2018 a Gravellona Toce per il crollo di un muro che stava demolendo. E il Pubblico Ministero titolare del fascicolo per omicidio colposo, dott. Nicola Mezzina, ha chiesto il rinvio a giudizio per il suo datore di lavoro, D. B., 77 anni, di Cambiasca: il Gup del Tribunale, dott.ssa Elena Ceriotti, aveva fissato l’udienza preliminare per il 26 giugno, presso il Palazzo di Giustizia di Corso Europa, udienza che però è stata rinviata al 10 di ottobre per l’astensione dei difensori dell’imputato, che hanno aderito allo sciopero degli avvocati. Si tratta di un passo importante per ottenere giustizia per i familiari della vittima che, attraverso il consulente personale, dott. Giancarlo Bertolone, si sono affidati a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che ha già preso contatti anche con la compagnia assicurativa dell’azienda per ottenere un equo risarcimento per la famiglia. Il dramma si è consumato alle 11.30 mentre l’operaio, con un collega, e in presenza del titolare della ditta per cui lavorava, la Bigotti s.n.c di Bigotti Donato e Figli, era impegnato in un intervento di demolizione di una parete perimetrale portante, al primo piano di un fabbricato a due piani in corso di ristrutturazione e ampliamento: operazione che i due addetti stavano compiendo sotto gli occhi del titolare, che si trovava nello stesso locale, con martelli demolitori manuali. All’improvviso la parete è collassata verso l’interno del locale, coinvolgendo parte delle puntellature di sostegno del solaio in latero-cemento, che ha resistito, e travolgendo e schiacciando Pasquarelli. Nonostante gli immediati tentativi di soccorso del personale dell’impresa, che ha rimosso i detriti dal corpo del povero operaio, e l’intervento dei sanitari del 118 e dei Vigili del Fuoco di Verbania -, unitamente agli agenti della Polizia di Stato, della Polizia locale, dei Carabinieri e degli ispettori dello S.PRE.S.A.L. (Soc. Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro) dell’Asl V.C.O. (del Verbano Cusio Ossola) di Omegna -, per il lavoratore non c’è stato nulla da fare: troppo gravi i politraumatismi riportati, specie a livello cranico e toracico, il decesso è stato pressoché istantaneo, come ha accertato il consulente medico legale, dott.ssa Elena Barbero, incaricata dalla Procura di effettuare l’esame autoptico sulla salma. Per inciso, le indagini tossicologiche per alcool e droghe sono risultate negative. La Procura di Verbania infatti ha aperto un procedimento penale per omicidio colposo, oltre che per la violazione dell’art. 2087 del codice civile “Tutela delle condizioni di lavoro”, iscrivendo nel registro degli indagati, il datore di lavoro, D. B., V. B., responsabile e direttore tecnico dell’azienda con delega in materia di sicurezza, R. B. e K. B., in qualità di soci, ed L. M. quale coordinatore della sicurezza in fase sia si progettazione sia di esecuzione. Il Sostituto Procuratore, dott. Mezzina, ha affidato a un consulente tecnico, Andrea Giordano, dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Novara, l’incarico di ricostruire la dinamica e le cause dell’incidente e nella sua perizia il Ctu ha concluso che “l’infortunio mortale è occorso perché la demolizione del muro è stata affrontata senza cautela e ordine, partendo dal basso e non dall’alto. In tal modo la parete, ad un certo momento della fase demolitoria, è collassata a terra, ribaltandosi e investendo il Pasquarelli che, con il collega (e alle presenza del datore di lavoro) operava al piede del muro”. Il consulente della Procura ha ritenuto violati svariati precetti antinfortunistici, violazioni riscontrate per lo più in capo al datore di lavoro, che sovrintendeva ai lavori, ma anche al direttore tecnico e al coordinatore della sicurezza. Alla chiusura delle indagini preliminari, tuttavia, il Pm ha ritenuto di chiedere l’archiviazione per quattro dei cinque indagati: decisione rispetto alla quale il legale della famiglia della vittima, l’Avv. Giulio Vinciguerra, del Foro di Torino, con cui Studio 3A collabora da vicino, ha depositato una memoria in cui se ne ribadisce la non condivisibilità chiedendone al Gip il rigetto. Ma il Pm non si è potuto esimere dal chiedere il rinvio a giudizio per il titolare e datore di lavoro dell’operaio deceduto, D. B. appunto, e con un quadro accusatorio pesante. Gli si imputa di aver causato la morte dell’operaio per “negligenza, imprudenza, imperizia e in violazione delle prescrizioni impostegli, in particolare, dalle norme contenute negli artt. 96 e 151 del D. L.vo n. 81/08, riguardo alla necessità che il Piano Operativo di Sicurezza prevedesse lo specifico (e prevedibile) rischio di crollo delle pareti portanti dell’edificio in demolizione, e all’ulteriore esigenza che i lavori venissero eseguiti correttamente, procedendo dall’alto verso il basso e non nella direzione opposta, per giunta facendo posizionare i lavoratori incaricati sotto la parete portante oggetto di tale intervento”. Ancora, di “non aver verificato che tutti i lavoratori (in particolare Pasquarelli) incaricati degli interventi demolitori fossero stati opportunamente formati-addestrati”; di “non aver verificato la concreta, maggior pericolosità dell’attività di demolizione interessante una parete portante perimetrale dell’edificio anche mediante l’utilizzo di due (in contemporanea) martelli demolitori, le cui vibrazioni avrebbero prevedibilmente contribuito a un crollo intempestivo dell’intera parete, verso l’interno, a ridosso dei lavoratori, pressoché in verticale rispetto alla posizione da essi assunta (senza, oltretutto, predisporre specifici “rafforzamenti” di quella parete, dato che si stava – comunque, pericolosamente, e contro gli insegnamenti della lex artis – procedendo dal basso verso l’alto)”; di più, “di non aver adottato tali cautele operative neanche dopo che uno dei lavoratori impegnati nella demolizione, poco prima del crollo, gli aveva espresso le proprie perplessità riguardo a quel pericoloso, inusitato modus operandi”.

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