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Cronaca

Frode fiscale, bancarotta e autoriciclaggio internazionale: nei guai commercialista novarese e sua collaboratrice

Operazione "Tabula rasa" della guardia di finanza di Torino

Un sequestro complessivo per 4.5 milioni di euro nei confronti di due imprenditori di Pinerolo gravati da precedenti penali per reati fiscali, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio, è l’esito dell’operazione “Tabula rasa” della guardia di finanza di Torino e che vede nei guai anche un commercialista novarese e una sua collaboratrice. Il sequestro riguarda 3 complessi aziendali, 10 immobili, 1 terreno, 13 conti correnti, dei quali 10 accesi all’estero, 2 autovetture, una imbarcazione da diporto battente bandiera slovacca e denaro. Le società in questione, costituite ad hoc, alcune delle quali aventi proiezione e ramificazione in più Stati (Regno Unito, Romania e Marocco) e paradisi fiscali (Panama). Per queste nuove società è stato appunto resa necessaria la fattiva collaborazione di un commercialista di stanza nella provincia di Novara e di una collaboratrice di quest’ultimo.

Il provvedimento giudiziario è giunto a conclusione di articolate indagini di polizia giudiziaria che hanno visto impegnati, per oltre due anni, i finanzieri della Compagnia Pinerolo con la costante direzione della Procura della Repubblica di Torino.  Le indagini, hanno tratto origine da tre verifiche fiscali eseguite, negli anni scorsi, nei confronti di altrettante società operanti nei settori dei rottami e della vendita di autovetture usate, all’esito delle quali erano state accertate plurime violazioni alla normativa tributaria, con la constatazione, complessivamente, di oltre 10 milioni di imposte sui redditi e imposta sul valore aggiunto evase, ed in materia fallimentare.

Per tali condotte di autoriciclaggio, il Gip presso il Tribunale di Torino, accogliendo la richiesta del pubblico ministero titolare del fascicolo processuale, aveva emesso un provvedimento cautelare preventivo, finalizzato alla confisca, nei confronti degli indagati, sulla cui base erano stati sottoposti a sequestro beni mobili ed immobili per oltre 4 milioni di euro, quali profitto del reato.

Sulla base di tali evidenze, i Finanzieri hanno sviluppato mirati accertamenti di natura economico-patrimoniale, che hanno fatto emergere una rilevante sproporzione tra il profilo patrimoniale e quello reddituale dei due imprenditori i quali, pur avendo percepito per anni minimi emolumenti, sono risultati direttamente o indirettamente intestatari di numerosi beni mobili e immobili, acquistati nel tempo attraverso l’impiego dei capitali di matrice illecita.

Tenuto conto, quindi, dei riscontri emersi nel corso delle investigazioni e alla luce dei diversi capi di imputazione gravanti sugli imprenditori, l’Autorità giudiziaria, condividendo le proposte avanzate dalle Fiamme Gialle, ha disposto, in armonia con la normativa recata dal “Codice antimafia”, il sequestro di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, quale misura di prevenzione patrimoniale propedeutica alla successiva confisca.

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