rotate-mobile
Cronaca

Malasanità: "E' tutto sottocontrollo", ma poco dopo abortisce

La vicenda risale al 2007. Una giovane mamma si reca in ospedale con dolori fortissimi, monitorata, è stata dimessa. Ma poco dopo l'aborto. A NovaraToday lo sfogo dei coniugi Immarco "costretti" ora ad accettare una sentenza dal sapore amaro

Era il 23 settembre 2007 quando Gerardina Vitiello, gestante alla 40ª settimana, si reca al Pronto Soccorso del nosocomio novarese a seguito della comparsa di sospette contrazioni che la mettono in allarme.

"Poco dopo arrivata in ospedale sono stata sottoposta - racconta Gerardina - ad una cardiotocografia e successivamente sono stata visitata dal medico di guardia che, controllato l'esito dell'esame, mi tranquillizza e mi manda a casa. Ma alle ore 13,30 i dolori tornano con maggior intensità e così torno a farmi contollare. Al mio rientro in ospedale - spiega - sono stata accolta da un'ostetrica che mi ha sottoposto al l tracciato cardiotocografico dal quale è risultato che il feto nel mio grembo non dava segni vitali. Avvisato il medico di guardia, vengo sottoposta ad una peculiare ecografia il cui esito è stato, con mio grandissimo dolore, la diagnosi di morte endouterina".

Inizia così non solo un periodo buio dal quale doversi riprendere ma anche un periodo di lotta durante il quale Gerardina e il marito Raffaele Immarco, distrutti dal dolore, decidono di battersi per trovare un perchè e avere un "risarcimento", certamente fittizio poichè il dolore non è quantificabile, per la sofferenza arrecata da quello che è sembrato del tutto un atto di leggerezza da parte degli operatori sanitari. I coniugi Immarco iniziano una lunga battaglia in tribunale appoggiati dall'avvocato difensore Luca Betagnolio che in tutti modi ha cercato di dimostrare quanto meno la superficialità del trattamento nei confronti della sintomatologia che la sua assistita accusava al momento del ricovero.

"Un iter per la battaglia dei nostri diritti molto lungo - spiega Raffaele - che in un modo o nell'altro si è concluso la scorsa primavera: un iter lungo che forse si sarebbe potuto concludere molto prima se le assicurazioni si fossero messe d'accordo prima per le perizie e il risarcimento".

"Nella sentenza - spiegano i coniugi - è stato stabilito che possa esserci un  nesso di causalità tra la morte del feto e la condotta imprudente della ginecologa e che certamente se il monitoraggio fosse stato più lungo sicuramente si sarebbe potuto diagnosticare la sofferenza fetale e con alta probabilità e dunque, si sarebbe potuto salvare il feto. Nei diversi incontri tra noi e le parti - spiegano i coniugi - è stato appurato che la morte del feto sia avvenuta tra la prima e la seconda corsa in ospedale. Dall'esame dei referti - raccontano i coniugi - emerge che alle 13,30 il feto potesse essere ancora vivo e che quindi all'esame dei fatti si ravvisano gli estremi della responsabilità medica, in ragione della negligente condotta omissiva dell'ostetrica e del medico di turno - tra l'altro la stessa ginecologa che mi ha avuto in cura per tutti i nove mesi della gestazione - posto che, per quanto entrambe fossero impegnate a seguire altre pazienti, avrebbero dovuto quantomeno richiedere l'intervento di altri sanitari per effettuare i doverosi monitoraggi che avrebbero consentito di appurare la sofferenza fetale e di intervenire tempestivamente per salvare il feto. La sentenza dunque prende atto che la responsabilità di quanto successo, relativamente per lo meno al comportamento sia da attribuire ai sanitari nella misura del 70% alla ginecologa e del 30% all'ostetrica".

Una sentenza che dunque dà ragione a metà ai coniugi Immarco che da sin, dai primi momenti di panico per quanto stava loro succedendo, avevano però intuito un comportamento di leggerezza nella valutazione dei sintomi accusati da Gerardina. Un caso di malasanità che lascia l'amaro in bocca, un caso di cui nel 2014 non vorremmo sentire.

Un amaro in bocca, un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto che ora rimane nelle mani di Gerardina e Raffaele che comemntano così: "a conclusione della triste vicenda, durata tra i vari procedimenti sette anni, qualcuno ci potrebbe chiedere vi sentite soddisfatti? La risposta è il classico bicchiere “mezzo pieno e mezzo vuoto”. Mezzo pieno perchè chi doveva pagare ha pagato sia penalmente che civilmente; mezzo vuoto in quanto il vuoto che abbiamo dentro è ancora grande, nonostante 4 anni dopo siamo stati allietati dalla nascita di un secondo figlio veramente straordinario. Però anche nelle banalità, per fare un esempio quando giochiamo con lui, il nostro pensiero irrimediabilmente cade sul piccolo che purtroppo per l'errore umano non ha potuto vedere la luce. Dall'evento funesto la nostra vita la possiamo dividere in tre parti: i primi quattro anni veramente brutti anche perchè il pensiero andava sempre al fatto che potevamo essere in tre ed invece ci ritrovavamo in due. Poi il periodo della seconda gravidanza vissuta da una parte con gioia immensa e dall'altra con una paura indescrivibile e a tal proposito va un merito particolare al ginecologo che è stato soprattutto uno psicologo sempre pronto a rincuorarci. Ed infine dal 2011 gioiosa per la presenza del secondogenito, ma nello stesso tempo con un pizzico della nostra mente rivolta sempre al nostro piccolo “Angelo”.  Un' ultima riflessione la vogliamo rivolgere a tutti coloro che hanno subito o subiranno episodi di malasanità ai quali diciamo di tenere duro e di proseguire e perseguire questi episodi. Lo sappiamo non è facile, data la consuetudine della lentezza della giustizia italiana, si arriva sfiancati psicologicamente nel seguire tutte le vicende giudiziare. Ma il trucco c'è: basta affidarsi alle mani di un esperto (a proposito un ringraziamento particolare al nostro avvocato) e porsi con pazienza come un indiano sulle rive di un fiume ad aspettare il passaggio del cadavere del nemico".

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Malasanità: "E' tutto sottocontrollo", ma poco dopo abortisce

NovaraToday è in caricamento