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Cronaca

Fibrosi polmonare idiopatica, il Maggiore all'avanguardia nella diagnosi mini invasiva

La Struttura complessa di Malattie dell'apparato respiratorio è uno dei pochissimi centri in Italia e in Europa a eseguire la criobiopsia polmonare trans bronchiale

La Struttura complessa di Malattie dell'apparato respiratorio, diretta dal dott. Piero Emilio Balbo, è all’avanguardia in Italia nella nuova tecnica diagnostica mini-invasiva, la criobiopsia polmonare trans bronchiale, per la diagnosi della fibrosi polmonare idiopatica.

Il Centro dell'ospedale Maggiore di Novara è infatti uno dei pochissimi in Italia e in Europa a eseguire questa nuova metodica di campionamento che consente minore invasività, minori complicanze e minori costi.

Di questa nuova tecnica e dell'eccellenza del Maggiore si parlerà sabato, in un convegno scientifico (2° Corso focus on Ild) di altissimo livello, che si terrà nell’aula magna dell’Università e che è dedicato a tutti i medici del quadrante del Piemonte nord-orientale di cui l’ambulatorio delle malattie rare e delle malattie interstiziali polmonari, diretto  dalla  dottoressa Roberta Nicali, è il riferimento.

La fibrosi polmonare idiopatica è una forma specifica di malattia rara fibrosante del polmone ad andamento cronico e progressivo, le cui cause non sono ancora definite ma che ha esiti spesso mortali. Si manifesta con una progressiva difficoltà respiratoria, prima da sforzo e poi anche a riposo non spiegabile in altro modo, con tosse secca e riscontro all’auscultazione polmonare di caratteristici rumori. Può essere diagnosticata dai radiologi, ma nel caso in cui ci siano dubbi è necessaria una biopsia chirurgica ed è qui che il Centro del Maggiore fa la differenza, con la criobiopsia polmonare trans bronchiale. Nel laboratorio si lavora di squadra, con il coinvolgimento di diversi altri specialisti, oltre agli pneumologi: reumatologi, anatomo-patologi, radiologi, nutrizionisti, medici delle cure palliative, riabilitatori e farmacisti. E nel congresso di sabato tutte queste figure specialistiche porteranno il loro contributo con l'intento di creare una "rete" territoriale attorno a questi pazienti, che altrimenti rischiano di restare soli, sia per la scarsa conoscenza che si ha della malattia sia per la sua rapida progressione.

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