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Cronaca

"Non voglio la carità, ma solo una possibilità per la mia famiglia"

La drammatica storia di El Haibi Bouazza, marocchino, che dal 1997 è in cerca di una vita migliore per sua moglie e le sue due figlie

Un viaggio della speranza iniziato nel 1997 e non ancora terminato. Un viaggio che rischia di riassumersi in un tragico epilogo. Un viaggio che El Haibi Bouazza, marocchino, ha intrapreso nell’ottica di poter offrire una vita migliore alla propria famiglia.

“Sono andato via dal Marocco – spiega – nel 1997. Arrivato a Novara trovai subito lavoro, tanto da potermi permettere un mutuo e una casa”. Poi la situazione cambiò. “Persi il posto nel 2011 – prosegue – e di conseguenza la casa, perché non potevo più pagare il mutuo. Da allora è come essere tornato in cammino. Rientrai in Marocco per un periodo, anche a seguito di problemi con la giustizia italiana. Nel 2012 decisi di tornare in Italia: questa volta però non potevo farlo direttamente. Da solo andai fino in Turchia. Qui presi un gommone per arrivare in Grecia; purtroppo il motore si ruppe e quella che sarebbe dovuta essere una “comoda” traversata si trasformò in un’odissea di dieci giorni. Dieci giorni in mare, prima che mi soccorressero le autorità greche. Restai in Grecia quasi un mese tra un controllo e l’altro. Quello che maggiormente ricordo è la povertà di quella gente: ho visto situazioni davvero tragiche. Trascorsi circa 30 giorni mi permisero di arrivare a Barcellona. Qui ce l’ho fatta grazie ad un signore di settant’anni che mi ha aiutato. Mi ha aiutato anche a pagare il viaggio su un pullman per l’Italia”.

Da lì a pochi mesi El Haibi fu raggiunto dalla moglie Adsaoui Elbouchtaouia. “Lei – prosegue – mi raggiunse in maniera regolare. Aveva un contratto di lavoro presso un parente. Poi però le cose non andarono come avrebbero dovuto perché questo zio si comportò molto male. Mi raggiunse quindi a Novara. Da allora siamo in questa casa”. Oggi la situazione della famiglia El Haibi versa in condizioni disperate. “Viviamo in una cantina. Non abbiamo un lavoro – sottolinea il giovane – io faccio l’ambulante. Abbiamo una bambina di 13 mesi e una di 40 giorni, un’ingiunzione di sfratto esecutivo e nessun posto dove poter andare. Tornare in Marocco non se ne parla: abbiamo rotto i rapporti con la nostra terra d’origine”.

Nonostante la famiglia si sia rivolta alle istituzioni non ha ricevuto buone risposte. “I servizi sociali – spiega la coppia – ci hanno detto che ci sono troppe persone da sistemare e non sanno cosa fare. Abbiamo parlato con tutti. Resta l’ultima speranza: andare direttamente dal sindaco. Vorremmo solo un’alternativa alla strada, non vogliamo nè carità nè altro, ma solo un tetto sotto cui poter far crescere i nostri figli”. Una speranza che se dovesse essere disattesa “mi porterebbe a gesti disperati – conclude El Haibi. Non so più dove sbattere la testa. Non voglio carità, voglio solo una possibilità”.

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