Borgomanero: torna il cineforum con "La casa sul mare"
Martedì 29 gennaio nuovo appuntamento con il cineforum a Borgomanero. Sul grande schermo arriva "La casa sul mare".
La scheda del film
Titolo originale: La villa
Regia: Robert Guédiguian
Sceneggiatura: Robert Guédiguian, Serge Valletti
Fotografia: Pierre Milon
Montaggio: Bernard Sasia
Scenografia: Michel Vandestien
Costumi: Anne-Marie Giacalone
Interpreti: Ariane Ascaride (Angèle), Jean-Pierre Darroussin (Joseph), Gérard Meylan (Armand), Anaïs Demoustier (Bérangère), Robinson Stévenin (Benjamin), Jacques Boudet (Martin), Yann Trégouët (Yvan), Geneviève Mnich (Suzanne), Fred Ulysse (Maurice), Diouc Koma (militare)
Produzione: Robert Guédiguian, Marc Bordure per Agat Films & Cie/Ex Nihilo, in coproduzione con France 3 Cinéma
Distribuzione: Parthénos
Durata: 107'
Origine: Francia, 2016
Data uscita: 12 aprile 2018
In concorso alla 74. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2017), ha ottenuto il Premio Signis e il Premio Unimed.
In una pittoresca villa affacciata sul mare di Marsiglia tre fratelli si ritrovano attorno all'anziano padre: Angela fa l'attrice e si è trasferita a Parigi, Joseph è un aspirante scrittore innamorato di una ragazza che ha la metà dei suoi anni, e Armand, l'unico a vivere ancora in paese, gestisce il piccolo ristorante di famiglia. Il tempo passato insieme è l'occasione per fare un bilancio, tra ideali ed emozioni, aspirazioni e nostalgie. Finché un arrivo imprevisto, dal mare, porterà scompiglio nelle vite di tutti.
Passati i film marsigliesi di inizio millennio, come “À l’attaque!” e “La ville est tranquille”, saldato il debito armeno in “Le Voyage en Arménie” e “Une histoire de fou”, Robert Guédiguian si sposta simbolicamente a lato di Marsiglia: «La calanque de Méjean mi ha sempre fatto pensare a un teatro», dice il regista. Ed è qui che inscena la recita dei personaggi: una famiglia si riunisce, una sorella e due fratelli, rispettivamente un’attrice teatrale, un uomo maturo con la compagna più giovane, un ristoratore che resiste con una piccola attività. La circostanza è la visita al padre paralizzato dall’ictus. Così, tra scontri e riconciliazioni, nella prima parte de “La villa” si sviluppano i temi del regista: il peso del passato tragico che invade il presente (Angèle/Ariane Ascaride, una figlia annegata per fatalità o distrazione), l’ostinazione a mantenere la tradizione (Armand/Gérard Meylan, il ristorante di famiglia), la difficoltà nel leggere i problemi di oggi nel vuoto di una sinistra impotente (Joseph/Jean-Pierre Darroussin, versione più matura del suo personaggio ne “La ville est tranquille”). Va in atto il confronto, ravvivato da interventi esterni al nucleo, e soprattutto all’ombra del capofamiglia inerte: qui, come uso dell’autore, nel contesto realistico si costruisce una metafora che vi respira naturalmente dentro (vedere gli animali esotici ne “Le nevi del Kilimangiaro”), e dunque la figura del padre immobile diviene un fatto politico che allude alla paralisi di tutti, nell’epoca della post-ideologia, all’impassibilità della Francia come della civiltà occidentale che non vede il dramma ma solo il proprio ombelico. Dopo aver disposto le pedine Guédiguian esegue la svolta: l’arrivo dei bambini non solo spacca la riunione parentale ma interrompe anche lo svolgimento del film francese sulla famiglia, problematico ma tutto sommato riconciliabile, comodamente di genere. Il cineasta sposta bruscamente l’attenzione e trascina lo sguardo da un’altra parte, pilotandolo non gradualmente ma con un taglio netto e improvviso: per queste persone lo sbarco «è una rivoluzione copernicana», afferma, dinanzi alla realtà dei profughi esse devono abbandonare le loro futili liti. È chiaro Guédiguian: lì dobbiamo guardare, non al nostro risibile particolare. A quel punto, congelato ogni contrasto, i membri della famiglia si specchiano nei migranti (due fratelli e una sorella come loro, un lutto come loro) e, alla maniera di Kaurismäki, scelgono di nasconderli beffando la polizia: si prendono cura, si fanno carico, realizzano una questione complessa. Il regista replica la dinamica che si verificava alla fine de “Le nevi”, ma con un avanzamento ulteriore: se lì i protagonisti adottavano bimbi francesi senza genitori, qui lo fanno con rifugiati. Da parte loro, i bambini dall’iniziale timore provano a entrare in contatto, a calarsi timidamente nella nuova condizione come embrione di un futuro meticcio. Giocano a svegliare il padre catatonico, ma non ci riescono: solo al richiamo finale egli volta la testa, dà un segno di vita, fa attenzione. Gira il capo verso di loro come, per il regista, dovremmo fare noi tutti.
“La villa” è un film parabola evidente e volutamente detto, il cui autore si confronta a viso aperto col contemporaneo: molti sono i temi e situazioni sul tavolo che, se non tutti adeguatamente risolti, sono sempre sostenuti dai suoi attori-amici, che nelle rispettive maschere addensano uno struggente senso del passato culminante nell’innesto tratto dall’opera giovanile “Ki lo sa?”. Ma il tempo che scorre, implacabile, conduce lo sguardo al futuro. Perché la provocazione di Guédiguian è lasciare una porta aperta, un finale ottimista scritto col coraggio dell’utopia. Cinema vecchio? Lo è esattamente - oltre all’opposto credo - come quello di Olmi ne “Il villaggio di cartone”, ovvero predicatorio e perfino visionario mentre guarda in faccia il presente (i personaggi, sostiene, «proveranno a preservare la pace»). Le cose sono semplici: «I rifugiati sono persone che cercano rifugio e noi dobbiamo accoglierli». Si prendano certi film a tesi dei nostri anni, certi sguardi sui migranti (un solo esempio: “Fuocoammare”) e si confrontino con questo: con la sua capacità di mimetizzare il tema nella messa in narrativa, l’approdo graduale ad esso, la costruzione del tessuto che porta allo splendido finale, tanto simbolico quanto vicino e concreto.
Emanuele Di Nicola, Spietati.it
Tre fratelli al capezzale del padre comatoso, sguardo lucido cecoviano, né nostalgico né manierista, sul sociale ieri oggi domani. In una minuscola marina (vicino Marsiglia), ripresa a scorci evocativi come spazio intimo di riflessione su età, relazioni famigliari e sconfitte di ideali, i fratelli sono le diverse anime di un bilancio volto al passato che scruta il tempo rimasto, mentre intorno due fatti estremi li risvegliano da rimpianti e rimorsi, costringendoli a considerare il richiamo al presente. (……)
Silvio Danese, Quotidiano Nazionale
ROBERT GUÉDIGUIAN
Filmografia:
L'ultima estate (1981), Rouge midi (1983), Ki lo sa? (1985), Dieu vomit les tièdes (1989), L'argent fait le bonheur (1993), Marius e Jeannette (1997), Al posto del cuore (1998), À l'attaque! (1999), La ville est tranquille - La città è tranquilla (2000), Marie-Jo e i suoi 2 amori (2002), Le voyage en Arménie (2005), Le passeggiate al Campo di Marte (2005), Lady Jane (2008), L'armée du crime (2009), Le nevi del Kilimangiaro (2011), Au fil d'Ariane (2013), Une histoire de fou (2015), La casa sul mare (2016)
Martedì 5 febbraio 2019:
UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA di Sean Baker, con Willem Dafoe, Brooklynn Kimberly Prince, Bria Vinaite, Valeria Cotto, Christopher Rivera