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Cronaca Sant'Antonio / Via Europa

"Ho un bambino che aspetta un trapianto di cuore, non posso vivere in un container"

La storia di Massimo A., che con i suoi quattro figli vive al campo Tav. Il bambino più piccolo, di soli 6 mesi, deve subire un trapianto e necessita di condizioni abitative speciali

"Il mio bambino di sei mesi è ricoverato nel reparto di cardiologia del Nigurada di Milano". Inizia così il racconto di Massimo A., che con sua moglie e i suoi quattro figli vive negli alloggi allestiti all'interno campo Tav di via Europa.

"Il bambino è nato prematuro e ci sono state delle complicazioni respiratorie: ora soffre di una cardiomiopatia dilatativa che ha portato ad una riduzione delle funzioni cardiache al 15% - spiega Massimo - L'unica soluzione è il trapianto: nell'attesa sarà stabilizzato fino a che recupererà una parte delle funzionalità. Ora si trova ricoverato, ma i dottori ci hanno spiegato chiaramente che nel giro di pochi mesi il piccolo sarà dimesso nell'attesa di un cuore nuovo". Massimo però da due anni risiede al campo Tav. "Ci hanno anche spiegato - prosegue - che non può vivere in un container, come facciamo adesso: ha bisogno di un ambiente diverso. Ora stiamo in sei in uno stanzino".

Massimo allora ha fatto domanda per le case popolari e si è rivolto al Comune per avere un aiuto. "Mi hanno risposto che sono molto alto in graduatoria e che probabilmente avrò diritto ad una casa ad ottobre, quando si apriranno le liste. Noi però non possiamo aspettare fino ad allora, perchè intorno a luglio o agosto mio figlio sarà dimesso. I dottori dicono però che non lo possono mandare a casa in una situazione abitativa del genere".

"Mi sono rivolto a chiunque - prosegue Massimo - dagli assistenti sociali ai dirigenti: continuano a dirmi che non possono scavalcare la graduatoria. Io però non voglio passare davanti a nessuno: questa è un'emergenza, dovrebbe essere trattata in modo diverso, dovrebbe viaggiare su binari diversi. Addirittura dall'ospedale Niguarda mi hanno detto di metterli in contatto con i servizi sociali, perchè se non ho un'abitazione adatta non possono dimettere il bambino nell'attesa del trapianto, e vogliono provare a parlare loro con il Comune per spiegare la situazione. Nessuno però è riuscito a fare niente per me: possibile che non ci sia una soluzione per un'emergenza?".

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