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"Il carcere sia una risorsa, le persone devono essere rieducate"

Rosalia Marino, direttrice del carcere di Novara da 10 anni, racconta la realtà locale. In città ci sono 178 detenuti, 70 nel 41 bis

"È bene parlare del carcere, ci sono tante false verità e spesso se ne parla a sproposito. Si pensa molte volte che sia quello che vediamo nei film americani. Non è così". Nei giorni scorsi, ospite a una serata organizzata dallo Stampa Club di Novara, è stata Rosalia Marino, la direttrice del carcere di Novara ormai da dieci anni, che si occupa anche di quello di Biella.

"Il comma 3 della Costituzione dice che la pena non deve consistere in trattamenti contrari all’umanità e deve prevedere la rieducazione, - ha spiegato la direttrice - ecco allora a cosa pensare quando si parla di certezza della pena o rieducazione appunto. Pensiamo a quanto sia difficile educare un bambino e rieducare un adulto, ma il nostro compito è fare in modo che chi entra in un carcere ne possa poi uscire diverso. È un compito difficile, perché non tutti sono ergastolani, anzi sono in minima parte rispetto a chi deve scontare uno o due anni di pena e allora il percorso diventa ancor più fondamentale". A Novara ci sono 178 detenuti e 70 nel 41 bis (in tutta Italia gli istituti sono 12 e in tutto i detenuti da 41 bis sono 759).

Difficile spiegare il ruolo del direttore del carcere: "Non è scritto da nessuna parte, o meglio, il direttore è il responsabile dell’ordine e della sicurezza del carcere interna ed esterna. Noi siamo come funamboli, tutti i giorni decidiamo della vita di un uomo, - ha spiegato Marino - ogni carcere è diverso, riceve impostazione dal suo direttore e questo è l’aspetto complicato: fino al grado di imputato si chiede all’autorità giudiziaria, dal grado di appellante in poi invece decide il direttore che va a toccare i diritti fondamentali dell’uomo. A me stanno a cuore la sicurezza, le regole sono importanti, un istituto che ne è senza ha il caos al suo interno". La certezza è che il direttore deve sempre esserci, se si assenta deve esserci un sostituto. "Mancano le risorse, - ha proseguito - c'è per ora un solo educatore, mancano figure professioniste. Pensiamo che lo scorso anno è stato fatto il concorso per 54 posti e tutti hanno scelto il tribunale: quel concorso era il primo dopo il 1997, anno in cui l'ho sostenuto io". 

Secondo la direttrice ciò che va ripensato è il sistema carcere in generale: "Prima si pensava fosse l'extrema ratio per i reati più gravi, c’erano le case di cura, le case di custodia, i carceri psichiatrici giudiziari. Oggi il carcere è considerato come il contenitore di ogni forma di disagio, soprattutto psichica. Per me questo concetto è sbagliato perché non abbiamo le forze per poterle gestire. Il sistema andrebbe ripensato e il carcere deve essere visto come risorsa, basata sulla comunicazione. Questo a Novara è possibile grazie a tutto il personale, cui va fatto un plauso. C'è dialogo e si creano rapporti, c'è ascolto. Quando dico No è così, ma se dico Sì mantengo la promessa e i detenuti apprezzano questo".

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